"Un articolo sul Ritmo del 2/4/2022 pubblicato dal Maestro Antonio Buonomo sul suo Profilo Fb"
«In principio era il verbo» (S. Giovanni);
«In principio era il verbo» (S. Giovanni);
«In principio era il ritmo» (Hans Von Bulow);
«Il ritmo è la misura del tempo per mezzo della percussione. Se la percussione è fatta con i suoni, il ritmo è musicale; se è fatta con le parole, il ritmo è poetico» (Abu Alì Ibn-Sina filosofo e musicologo persiano, definito il principe dell'insegnamento).
Per capire meglio questo concetto di ritmo trinitario-globale della musica e delle parole, dove il termine percussione comprende anche le accentuazioni verbali, pensiamo alle "tammurriate” napoletane, nelle quali ci sono sia le accentuazioni ritmiche musicali delle tammorre sia quelle poetiche delle filastrocche parlate; oppure a certi brani sud-americani, nei quali è necessario declamare anche con la voce la scansione ritmica.
Nello studio del pianoforte, per superare “passaggi” difficili, si usano le varianti ritmiche. (da me usate anche nel metodo “La marimba”). Tali varianti, consistono nell'uso di ritmi diversi, sia per valori sia per accentuazioni, per superare frasi musicali di considerevole difficoltà. In pratica, dovendo eseguire un tema velocissimo, può essere utile eseguirlo prima a note ribattute, crome puntate e semicrome, ecc.
Il ritmo, però, non è solo quello musicale o vocale, ma anche quello visivo, che permette alle grandi orchestre di suonare a tempo. Infatti, la scansione visiva del tempo, attuata dal direttore d'orchestra, permette a chi suona di andare a tempo e a chi deve intervenire più tardi di contare le pause.
Nel libro “Sapere per suonare” ho scritto: «Il ritmo si può sentire ma anche vedere, attraverso i gesti del direttore d’orchestra. Perciò, fra le tante ragioni, per le quali a chi suona conviene conoscere come si dividono e come si battono i vari tempi, ve ne sono almeno due importantissime: una prima, nasce dall’esigenza di sapere quanti movimenti per ogni misura batterà il direttore d’orchestra, per suonare con maggiore tranquillità e per contare bene le misure d’aspetto; una seconda, riguarda la possibilità di poter preparare musicalmente (solfeggiandoli con gli stessi movimenti che userà il direttore nell’esecuzione) i brani particolarmente difficili».
Quando si segue il movimento direttoriale si deve prestare molta attenzione a due elementi fondamentali del gesto: la successione ritmica del brano (determinata dal numero dei movimenti) e l’espressività, contenuta negli stessi movimenti. Questa attenzione è necessaria perché il gesto, oltre a “portare il tempo”, evidenzia anche tutte le sfumature musicali: dal piano, al quale di solito corrisponde un movimento lieve appena accennato, al forte, messo in evidenza da gesti più decisi.
Nino Rota (che ho avuto la fortuna di avere come direttore al Conservatorio "N. Piccinni" di Bari) era un convinto assertore del teorema “ritmo globale uguale percussione” e, per completare la formazione musicale, esortava strumentisti, cantanti e compositori a frequentare la mia classe di strumenti a percussione.
Purtroppo, di musicisti lungimiranti come l'indimenticabile autore delle musiche de "Il padrino" di Francis Ford Coppola, ce ne sono veramente pochi. Altrimenti, negli attuali istituti definiti di “Alta formazione musicale” al posto di materie che non hanno nulla a che fare con la pratica musicale, sarebbero state istituite cattedre di percussione complementare per direttori d'orchestra e compositori.
Vincent d'Indy, stimato teorico e didatta francese, diceva: «La musica attinge dalle scienze matematiche per il Ritmo, dalle scienze naturali per la Melodia, dalle scienze fisiche per l'Armonia. Molti popoli ignorano l'Armonia, alcuni possono pure ignorare la Melodia; nessuno ignora il Ritmo». E sullo stesso tono Strawinsky: «Tutta la musica è semplicemente una sequenza di impulsi (accenti) che convergono verso un punto di riposo definito».
Nella foto: Carmine Bruno, un percussionista maestro della tammorra e tammurriate, con la NCCP.